disporre con millimetrica precisione le stoviglie sulla tavola

Solo una qual certa bruschezza che traspariva nel gesto di disporre con millimetrica precisione le stoviglie sulla tavola da imbandire per il Natale, ne tradiva l’agitazione. “Non ci capiamo proprio più!” gli aveva appena sussurrato, carica di sconforto, la voce della moglie.

E lui continuava a domandarsi se davvero si fossero mai capiti, almeno un tempo. O se non avessero simulato nell’illusione di trovare nell’altro quello che avrebbero voluto dal proprio compagno ideale.

Tanti anni di piccoli cedimenti al compromesso comodo, di sempre meno sofferte rinunce alla difesa delle proprie convinzioni, di repliche soffocate a considerazioni forse ingiuste.

Poi era arrivata la lunga convivenza forzata.

Non è che in questi due anni fossero stati insieme molto più che d’abitudine ma non era più una scelta, anche se solo per quieto vivere; la pandemia aveva tolto loro anche l’ultima scusa.

E si ritrovava a chiedersi a che punto fosse il loro amarsi, volersi bene, capirsi o anche solo sopportarsi.

Era stanco.

Si abbandonò sul divano, guardando la tavola imbandita di gioia posticcia; non si oppose al torpore che lo invadeva promettendo quiete senza domande.

Stava guidando verso l’aeroporto ad accogliere il nipote preferito che sarebbe atterrato se il virus non l’avesse bloccato a qualche migliaio di chilometri a sud. Per questo sapeva che stava sognando.

Era già buio, faceva sempre più fatica a guidare al buio ma non l’avrebbe ammesso con nessuno. Sulla superstrada c’erano cantieri in continuazione, le carreggiate si univano, le corsie opposte si sfioravano. Le luci abbaglianti dei camion gli venivano incontro, accecandolo; l’aria spostata dalle loro masse prepotenti lo scuoteva nell’abitacolo fragile.

La curva lo sorprese in uno spazio vuoto della corsia opposta, l’urto rumoroso con il cono di plastica che le divideva sparò una scarica di adrenalina nelle sue vene e gli corresse la traiettoria.

Forse doveva smettere di guidare al buio, soprattutto se era stanco, ma forse non stava guidando, forse stava solo sognando.

Poteva anche sognare che dall’altra parte la strada non fosse libera.

Si sarebbe liberato dal peso che lo opprimeva. Forse.

Cominciò a pensare che alla prossima curva poteva farlo apposta.

Chissà se sarebbero venuti tutti a salutarlo, sfidando il virus; forse era meglio andarsene da solo, come solo si sentiva in questi giorni.

Sapeva che doveva svegliarsi. Se stava sognando, per uscire da quel sogno inutile e malato, se stava guidando per evitare di subire inconsapevolmente quello che voleva, eventualmente, poter decidere.

Ma era stanco, faceva caldo in casa, o forse era troppo alto il riscaldamento dell’auto. Chi sa.

A spingerlo fuori dal torpore ci pensò la suoneria del cellulare, era il suono che indicava famiglia. Infatti era il nipote, in videochiamata.

“Ciao nonno, mi dispiace non essere lì con voi!” Bugiardo, il suo sguardo e il suo sorriso raccontavano una storia diversa.

“Chiama anche la nonna, ché vi devo dire una cosa” ma lei era già lì con la sensibilità tipica delle donne, si trovò a pensare.

Sullo schermo apparvero due biglietti arei. “Volevo farvi una sorpresa, saremmo arrivati in due. Lei è Halima” mentre sullo schermo appariva il viso sorridente e timido di una ragazza, molto carina in verità.

“Beh, lei sarebbe la mia ragazza, anzi no … è la mia ragazza”. “Ma da quando…” chiedeva la voce alle sue spalle, con la concretezza tipica delle donne, si trovò a pensare reprimendo un sorriso anche se lei non l’avrebbe potuto vedere.

“Beh, sarebbero … sei mesi?” guardando fuori dallo schermo dove era la ragazza che si sentì rispondere “seven”, “Vedete, capisce già un po’ di italiano. Comunque, da quasi tre viviamo insieme!” sottovoce, come se nessun altro dovesse sentire.

“Anzi, a proposito, non saremmo venuti in due. Saremmo stati quasi in tre!” con la voce se possibile ancora più bassa e il sorriso seducente di quando bambino doveva farsi perdonare una marachella.

Bisnonno! Sarebbe diventato bisnonno! Lui che faceva fatica a pensarsi e si vergognava quasi a raccontarsi, già nonno. Giovane com’era. O come si sentiva.

La conversazione stava andando avanti tra gli altri tre, passati all’inglese per coinvolgere meglio Halima, ma lui non stava seguendo. Bisnonno! L’unica sua bisnonna che aveva conosciuto era una donnina piccola e vecchissima; non poteva certo pensarsi simile a lei.

Salutò educatamente al termine della conversazione e educatamente ascoltò il dettagliato resoconto della moglie. Bisnonna pure lei!

Bisnonna ancora carina però, si trovò a pensare.

Si sarebbero sposati in primavera, il virus avrebbe sicuramente mollato la presa per allora, e si sarebbero sposati lì da loro, non nella triste città dei genitori, quindi dovevano occuparsi loro di tante cose, non dei documenti, ci avrebbero pensato da là attraverso l’ambasciata, ma trovare un bel posto per la cerimonia e il rinfresco, semplice, però, alloggio per gli invitati, pochi però, avrebbero fatto lì anche il viaggio di nozze per far conoscere ad Halima i posti che lui tanto amava, e avevano chiesto a loro due di preparare un bel programma, organizzare spostamenti e sistemazioni.

Il torrente delle parole di lei sembrava non volersi arrestare, pratica ed efficace come sempre, si trovò a pensare.

“Auguri, bisnonna”, gli era uscita così, stupidamente pericolosa.

Lei si era bloccata di colpo, lo guardava interrogativa. Il dubbio di non capirsi più le era rimasto, evidentemente, dalla discussione di prima, di cui lui non ricordava assolutamente più la ragione ma lei sicuramente sì, si trovò a pensare.

“Auguri bisnonno” disse lei alla fine, esitante. Sporgendosi un poco in avanti per offrirsi al suo abbraccio.

Erano pronti a festeggiare un altro Natale da soli; li aspettava un anno fantastico.

una donnina piccola e vecchissima