
Il villaggio era costruito sulla cima di una altura non troppo elevata per sfuggire alle piene del fiume, per non essere troppo distante dall’acqua e per scansare frane e valanghe. Tutti i villaggi del Popolo erano costruiti così. Massimamente capanne, qualche raro edificio di terra battuta solo appena più solido, comunque resistente alla maggior parte dei terremoti che abitualmente scuotevano il paesaggio, dove si riunivano i Capi, impartivano ordini, ricevevano suppliche, comminavano punizioni.
Da molti dei villaggi del Popolo si poteva scorgere in lontananza una delle residue città degli Occidentali. Erano ammassi biancheggianti e indistinti, completamente circondati da un alto muro, apparente insormontabile. Sembravano inattaccabili dalle piene dei fiumi, anche se erano sempre costruiti a poca distanza da uno di loro. Sembravano anche resistere indenni ai peggiori dei terremoti.
Le leggende sugli Occidentali raccontavano che all’interno si viveva “come ai vecchi tempi”, qualunque cosa volesse dire questa frase. C’erano meraviglie indescrivibili, comodità inimmaginabili e ricchezze incalcolabili. Anche se nessuno del Popolo aveva davvero idea di meraviglie, comodità e ricchezze.
I vecchi tempi, come tutti i tempi passati, rimanevano avvolti nelle nebbie delle leggende.
E nelle parole del Profeta. Stuart René LaJoie, il Profeta, le aveva scritte. Non erano arrivate scritte agli abitanti del villaggio di Antalia che comunque non avrebbero saputo leggerle. Tramandate come segreti iniziatici all’interno della grande famiglia Davis, la famiglia dei Capi, le parole del Profeta erano il suggello del loro predominio, erano obbligatoriamente imparate a memoria da tutti i giovani che venivano chiamati a far parte del Consiglio.
Nessuno ormai sapeva veramente quelle parole che cosa volessero significare.
E’ stato tra la fine del ventesimo e l’inizio del ventunesimo secolo che Natura ha cominciato a dare seri segni d’insofferenza al come veniva trattata dalla specie dell’Homo Sapiens.
In realtà già l’utilizzo di questa notazione temporale dovrebbe attirare l’attenzione sul fatto che non è proprio corretto parlare di tutta la specie, sarebbe più preciso, anche se non scientificamente esattamente definito, parlare di cultura occidentale. Comprendendo con questa definizione la cultura di derivazione greco romanica propriamente detta, il sistema economico capitalistico e la gerarchia di valori che da questi due caposaldi, culturale e economico, discendeva. Per questo di seguito utilizzeremo il termine Cultura Occidentale oppure gli Occidentali.
C’erano sì le manifestazioni esplosive ricorrenti e sempre più devastanti come gli uragani e simili o le grandi inondazioni (ma forse anche i sempre più frequenti terremoti potevano essere in qualche modo collegati) ma soprattutto l’accelerazione di fenomeni fin ad allora lenti e apparentemente pazienti come la desertificazione dei continenti e lo scioglimento dei ghiacci, figli di quel riscaldamento globale che troppi Occidentali ancora insistevano a negare o sottovalutare.
Fin qui la guerra avrebbe potuto sembrare: Natura inanimata contro specie viventi, dove la Cultura Occidentale pensava di dominare tutte le altre, le altre popolazioni di Homo sapiens comprese. Gli Occidentali anzi, sfruttando e piegando al loro interesse le altre specie viventi in realtà le brandivano come ulteriore arma per piegare a sé Natura nella sua interezza.
Ma l’ira crescente di Natura non poteva non alterare un equilibrio sempre più fragile. Un colpo violentissimo e inaspettato era arrivato dalle pandemie; una dopo l’altra, in successione sempre più rapida e con diffusione sempre più globale, avevano messo in ginocchio il sistema economico capitalista e praticamente cancellato negli Occidentali, drasticamente ridotti di numero, anche il ricordo del valore della solidarietà già peraltro sempre più sommessamente praticato. La bandiera che riportava il motto fondante “Libertè, Egalitè, Fraternitè” era stata sepolta dalla sabbia dei deserti, dalle maree montanti e dalla massa pressante dei Clandestini che irrompevano senza bussare nelle poche città ancora resistenti degli Occidentali.
Poi c’erano le leggende che definivano regole di sopravvivenza e suggerivano speranze. Ma erano anche usate nei confronti degli altri abitanti per incutere paura, soprattutto degli Occidentali.
Leggende dicevano che gli Occidentali all’interno delle loro città “si stavano preparando”, anche se nessuno sapeva esattamente che cosa questo volesse dire, e che un giorno sarebbero usciti dalle città per distruggere tutti i villaggi e il Popolo. Per questo bisognava restare uniti, lavorare sodo e obbedire ai Capi.
C’erano anche leggende che dicevano che gli Occidentali di tanto in tanto, soprattutto di notte, uscivano dalle città, si infiltravano in qualche villaggio e rapivano i bambini più piccoli per mangiarli. I Capi non raccontavano queste leggende, non le smentivano però, e in fondo le consideravano utili.
Secondo le leggende molti coraggiosi o incoscienti avevano cercato di avvicinarsi alle città, nessuno era mai tornato riportando elementi di fatto. O non si era avvicinato abbastanza o proprio non era tornato, e forse non si era comunque avvicinato abbastanza.
Ma era certo che gli Occidentali, ben chiusi e protetti, si stavano preparando. A qualcosa. Questo dicevano le leggende.
In realtà nessuno conosceva qualcuno che avesse visto almeno un Occidentale, nemmeno che avesse colto un qualunque segnale di vita all’interno o subito all’esterno di nessuna delle loro città.
C’era un’altra leggenda fondamentale per la vita del villaggio: la Leggenda della Luna.
Sulla Luna abitava un Popolo, un Popolo simile a loro, sfuggito per tempo alla furia della natura e alla rabbia degli Occidentali, che stava lavorando per preparare il ritorno sulla terra a costruire, assieme agli abitanti di Antalia e dei villaggi vicini, la strada che alimentava le speranze.
La speranza era un bene prezioso ad Antalia, era l’unico argine per evitare di precipitare nell’individualismo assoluto, per tenere insieme le famiglie del villaggio dividendo il più possibile equamente le scarse riserve. Speranza che qualcuna di quelle antiche leggende contenesse la strada per un posto più bello? Un futuro migliore?
La speranza era un bene prezioso anche perché era raro; Mimi Davis, “Mamma”, l’incontestata Capa dei Capi, nella sua lunga vita non era mai riuscita a capire perché così raramente nascesse un bambino con quella luce negli occhi, quella sicurezza nei gesti, fin da piccolissimo. Ma qualcuno ne nasceva, fortunatamente. E uno dei compiti più importanti di Mamma era riconoscerli, istruirli e prepararli. Tra questi aveva già scelto le due o tre candidate a prendere il comando quando lei fosse passata, perché da sempre il capo dei Capi era una femmina.
Manuel Garcia apparteneva alla famiglia dei Capi, già da piccolo aveva cominciato a sperare. E a porsi domande, e a provare rabbia.
Sperare di poter vedere finalmente arrivare il Popola della Luna ma anche solo che il Popolo qui riuscisse a vivere un po’ meglio, con un po’ meno di fatica e di paura. E fin qui nessun problema.
Poi c’erano le domande: quante delle leggende o quanta parte delle leggende erano vere? E gli Occidentali com’erano fatti, sempre che fossero fatti in qualche modo? E quante generazioni erano passate dalle parole del Profeta e quante da quelle parole ai fatti che raccontavano. Ma queste domande dovevano restare nascoste, nessuno che non fosse più un bambino poteva apertamente porsi domande simili, non era esplicitamente proibito ma non aiutavano certo a crearsi una posizione nel Consiglio.
Per questo Manuel Garcia era arrabbiato, l’ipocrisia accettata da tutti gli sembrava il masso legato alle caviglie dei corridori durante i giochi; avrebbe dovuto servire a mettere tutti in pari condizioni di partenza -più forte era il corridore più pesante il masso che doveva trascinare- il risultato era che di fronte al pubblico dei giochi nessuno poteva correre veloce come sapeva fare durante la caccia o dietro a una ragazza.
Erano le ragazze che dovevano scegliere tra quelli che si proponevano il miglior compagno per la procreazione e comunicarlo agli Anziani. Ma la tradizione voleva che poi fossero i ragazzi a partire all’inseguimento che doveva concludersi nel luogo scelto da lei per l’atto. La leggenda diceva che più durava l’inseguimento maggiori erano le possibilità di procreare una femmina così le ragazze ce la mettevano tutta e i ragazzi si giocavano il rispetto del villaggio.

Anche la questione delle ragazze faceva arrabbiare Manuel Garcia. Perché doveva esserci per forza una Capa dei Capi? Un Capo, non per forza lui stesso, anche se si sarebbe sentito pronto, non avrebbe potuto essere all’altezza? Forse ancora migliore? Ma quello che davvero lo rendeva intrattabile era l’idea che solo alle candidate potessero venir trasmesse conoscenze fondamentali. Lui ne era privato solo per il fatto di essere nato maschio.
Manuel Garcia, ma tutti lo chiamavano Manny, era un bel ragazzo, prestante, intelligente, scontroso. L’esemplare perfetto per essere appetito da ogni ragazza del villaggio. Lui l’aveva capito e ne approfittava per mettere in atto la sua inconsapevole vendetta, sfogare la sua rabbia. Si lasciava prendere e nel breve rito della procreazione si rendeva il più possibile sgradevole. Vendetta di breve durata e di scarsa soddisfazione.
Non gli risultava di avere mai generato figlie che potessero eventualmente essere candidate Capa dei Capi. Figli sì, tanti, ma nessuno aveva ancora mostrato un briciolo delle sue qualità, forse perché Manny si lasciava prendere, inconsciamente(?), solo da femmine non particolarmente brillanti. O forse perché quelle particolarmente brillanti non sceglievano lui.
Manny aveva un’amica, solo una, Wyoh, che sarebbe Wyoming. Erano coetanei e avevano imparato assieme le parole del Profeta, avevano partecipato assieme alle cerimonie di consacrazione delle loro vite a Stuart René LaJoie. Poi Wyoh era stata candidata. Lui l’aveva presa male, come al solito, avrebbe voluto allontanarla ma lei era intelligente e curiosa almeno quanto lui e molto, molto più perspicace. Aveva capito perfettamente che Manuel Garcia poteva e doveva essere una risorsa per il villaggio e come candidata Capa doveva fare tutto per tenerlo a freno. Impresa complessa ma per lei appassionante.
Col tempo Manny era riuscito a separare Wyoh amica da Wyoh candidata, Wyoh amica da Wyoh femmina e deciso che a quell’amica ci teneva. Poi, siccome non aveva nessuna intenzione di fare il Principe Consorte, stava ben attento a evitare ogni possibilità di complicazioni riproduttive.
Principe Consorte era l’appellativo riservato al compagno della Capa dei Capi, la Capa e il suo compagno erano l’unica coppia fissa e chiusa del villaggio. Anche per questa la posizione non interessava Manuel Garcia. Quindi tutto ok.
Ma in lui montava l’insofferenza all’ipocrisia di dover nascondere dubbi e ambizioni e alla vita grama che anche i Capi dovevano condurre; almeno era così sotto Mimi Davis. Si diceva che c’erano state Cape dei Capi che permettevano di profittare dell’appartenenza alla famiglia per avere di più, non tanto, non c’era mai tanto da dividere, ma anche solo un turno di lavoro meno duro, qualche momento di riposo in più. Ma questi erano tempi passati anche se più di qualcuno un po’ li rimpiangeva.
Finché un giorno, mentre andavano raccogliere l’acqua al fiume – anche Wyoh era un po’ ribelle, a modo suo, e si rifiutava di ammettere che certe mansioni fossero riservate ai maschi. Non il contrario, naturalmente – mentre andavano a raccogliere l’acqua, Manny buttò lì, come fosse spuntata in quel momento, l’idea che da un po’ gli ronzava in testa.
“Devono essere anni che nessuno prova più ad avvicinarsi alla città degli Occidentali, almeno non sappiamo di nessuno che abbia provato recentemente”. Avrebbe voluto aggiungere “ammesso che qualcuno ci abbia davvero provato” ma decise che era meglio evitare. Wyoh era sì sua amica ma era anche candidata Capa e non era davvero certissimo di a chi sarebbe andata la sua fedeltà in caso di scelta obbligata.
“Ammesso che qualcuno ci abbia davvero provato” Wyoh non si fece scrupoli a concludere il suo pensiero, d’altra parte per questo era stata candidata, perché sapeva capire gli altri, figurarsi se non capiva un così trasparente pensiero del suo miglior amico.
“Quindi vorresti che ci provassimo noi?”
“Veramente pensavo, ma sai è solo un’idea così, appena abbozzata, di provarci io, da solo.”
Il sorriso di Wyoh era sconcertante, Wyoh era spesso sconcertante, almeno per lui. I suoi occhi blu -erano davvero blu, come quelli di nessun altro al villaggio- erano leggermente storti, forse era anche questo che rendeva così difficile da interpretare lo sguardo che gli aveva piantato in faccia. Ogni volta che lei lo faceva, Manny andava in confusione; non sapeva come ricambiare lo sguardo, quale occhio considerare dominante, a quale replicare, quale sfidare o se fosse stato il caso, come in questo momento, da quale raccogliere la sfida.
Allora sfuggiva allargando lo sguardo ma non era una soluzione stabilizzante: lo sguardo andava a raccogliere il fluido miele dei suoi capelli, arricchito e rinnovato dalla sua, di lei, cura quasi maniacale, i lineamenti volitivi ma sorprendentemente dolci sulla pelle chiara, quasi incolore, almeno rispetto ai colori prevalenti nel villaggio. Lui sapeva di essere scuro, banale, si sentiva brutto.
Non sapeva di essere innamorato. Anche perché in vocabolo e il concetto stesso non esistevano al villaggio. Dove c’era davvero poco spazio al di fuori delle esigenze della basilare sopravvivenza. Wyoh stessa si era conquistata a fatica il perdono per il tempo che investiva nella cura dei suoi capelli ma non avrebbe resistito ancora a lungo alla insofferenza di molte donne -anche di tutti gli uomini ma loro contavano poco- per il suo approfittare della posizione di candidata Capa dei Capi per ritardare ben oltre l’abituale la scelta del primo maschio per la procreazione.
Questi pensieri non lo stavano distraendo dal momento, gli stavano offrendo la risposta al sorriso di Wyoh: “Se ti va potremmo davvero farlo assieme”.

Nei giorni successivi si offrirono ripetutamente per la raccolta dell’acqua. Era un compito di responsabilità, carico di simbologia vitale, fonte di onore per chi lo svolgeva ma gravoso. Anche se c’erano sempre candidati, soprattutto maschi adulti, raramente c’era chi si impuntava per esserne gravato. Per questo Manny e Wyoh non avevano difficoltà a ritagliarsi quei lunghi momenti di solitudine per preparare il loro piano. C’era da dire che l’insolita richiesta da parte di un giovane e soprattutto di una ragazza, sempre accomunati nell’impegno e la notoria riluttanza di lei, avevano suscitato false congetture nelle donne del villaggio solitamente più intuitive delle situazioni.
Ben presto si resero conto che non avevano informazioni sufficientemente credibili per effettuare piani dettagliati sullo svolgimento del loro viaggio verso la città e si concentrarono quindi sul piano della fuga. Perché di una fuga si sarebbe trattato.
Nessun divieto esplicito era posto dalle tradizioni all’abbandonare il villaggio prima dell’approssimarsi della fine ma tutti sapevano che andarsene, sottraendo di fatto al villaggio risorse preziose di lavoro e di riproduzione, era un comportamento riprovevole. Se ne andavano a morire lontano i vecchi con le loro ultime forze, per non pesare sulla comunità. A volte strisciavano, scacciati dal disinteresse e dall’abbandono, gli idioti o i prodotti fragili di reiterata consanguineità riproduttiva. Raramente venivano espulsi quelli che per azioni ostili o inazioni abituali, frenavano il lento e faticoso procedere della sopravvivenza comune. E poi, ma forse era solo leggenda, c’erano stati gli avventurosi esploratori attirati dal biancheggiare della città degli Occidentali. Nessuno era mai tornato, di nessuno si era mai saputo alcunché.
Quindi, per rallentare l’allarme, avevano scelto di allontanarsi la prima volta che Wyoh fosse entrata nella capanna della fertilità. Tutte le donne in età riproduttiva, all’inizio del loro ciclo, rimanevano confinate nella capanna per prepararsi alla prossima opportunità di portare nuove risorse al villaggio. In quei giorni dovevano restare invisibili agli occhi di tutti, anche per questo si ritiravano portando sempre con sé una straordinaria, rispetto alle abitudini quotidiane, quantità di cibo. Per i maschi le assenze erano più facilmente giustificabili da solitarie battute di ricerche di alimenti, legna o altri prodotti utili.
Questo avrebbe ritardato l’eventuale inizio delle ricerche, se pure qualcuno avesse voluto darsi la pena di indagare su una loro scomparsa.
Venne il giorno.
Appena dopo il tramonto partirono.

Avevano attentamente studiato il percorso fino al fiume in modo da poterlo percorrere anche di notte. Avevano lascito tre piccoli orci già pieni di acqua, nascosti in un anfratto delle rocce. Camminarono con l’entusiasmo e con l’urgenza di una avventura determinante e una sete di scoperte propulsiva. Quando il sole cominciò ad illuminare pienamente il paesaggio – erano nella stagione delle lunghe notti – voltandosi indietro si videro lontani dal villaggio e si resero immediatamente conto che la loro scelta sarebbe stata senza ritorno, almeno senza ritorno alla normalità precedente.
Decisero di fermarsi a riposare, avevano camminato più di dodici ore, senza sosta, dopo una giornata comunque piena delle fatiche quotidiane. Bevvero i primi preziosi sorsi di acqua. E cominciarono a guardarsi attorno.
Il paesaggio era abbastanza diverso da quello che immaginavano dall’alto della loro collina, l’uniformità della polvere grigiastra che copriva tutto, quasi tutto, lasciava da qui intravedere dettagli che dall’alto erano cancellati. Il terreno era più accidentato, con piccoli rialzi, avvallamenti e lunghe sottili spaccature all’interno delle quali verdeggiavano inconsuete vegetazioni e dalla polvere emergevano le forme di strani oggetti, tracce indecifrabili dei vecchi tempi, che venivano chiamati “rottami”.
Nessuno poteva sapere che cosa fossero, a che cosa servissero ma per ognuno si sarebbe potuto trovare un utilizzo adeguato. Sarebbe stato un ricchissimo bottino per una qualunque battuta di ricerca; oggetti così intorno al villaggio erano ormai rarissimi, probabilmente già raccolti da decine di generazioni precedenti; ogni volta che ne veniva trovato uno interessante era una specie di festa. Ad ogni oggetto bisognava abbinare una funzione e un modo di usarlo; chi aveva l’intuizione migliore e chi l’aveva trovato erano, per qualche ora, gli eroi del villaggio.
Se fossero tornati indietro con anche solo quattro o cinque degli oggetti più promettenti e la notizia di quel tesoro così relativamente vicino, avrebbero guadagnato importanza agli occhi di tutti e forse dire la loro, finalmente ascoltati con maggior attenzione. Ma no, non era quello il loro obiettivo, erano d’accordo e, riposati, ripresero il cammino.
Proseguirono con poche brevi tappe fine alla desiderata lunga notte di riposo. Erano abituati alle fatiche e a far durare le riserve, erano spinti dell’idea di essere sulla strada del loro migliore futuro, avevano trovato insperato sollievo nella grassa vegetazione che cresceva nel buio delle fratture del terreno, ricca di succhi dissetanti e rinvigorente polpa asprigna, erano rassicurati dalla reciproca presenza ma l’incertezza del domani era una pesante coperta per il loro sonno. Si raccontarono ancora una volta i loro sogni e le loro paure, il sole li trovò ancora svegli e regalò loro una visione.
La sera precedente, qualche ora prima di decidere di fermarsi, avevano scavalcato un piccolo rialzo del terreno; dalla sommità, nella penombra, a Wyoh era sembrato che il muro della città fosse più molto più vicino dell’ultima volta che l’avevano visto. Poi avevano scelto di continuare in una di quelle fratture che offriva loro sostentamento e riparo ed erano affondati nella notte solo loro.
La gola in cui si erano addentrati si era fatta ripida e profonda obbligandoli ad arrampicarsi con precauzione per riguadagnare il piano. Ma quando, finalmente fuori, alzarono gli occhi, il muro della città aveva riempito l’orizzonte. Rimasero qualche tempo come paralizzati, la soddisfazione di un progresso finalmente concreto del loro progetto si scontrava con la paura, negata ma profondamente radicata nei loro ricordi, che gli Occidentali uscendo dalla città ne facessero pasto, anche se bambine erano solo le loro paure.
Si buttarono istintivamente a terra, al riparo di un enorme rottame, sperando che il loro cuore smettesse di battere così forte, temendo che il frastuono che sentivano nel petto potesse richiamare gli Occidentali. Si misero a scrutare attentamente il terreno intorno cercando di individuare un percorso abbastanza coperto per avvicinarsi ancora un poco, non c’erano dubbi che si sarebbe ancora avvicinati.
Improvvisamente Manny toccò il braccio di Wyoh facendole cenno di tacere, come se fosse stato necessario ricordarglielo, e di stare ancor più schiacciata sul terreno. Poi le indicò, distante poco più di duecento passi, un altro enorme rottame. Rispondendo alla muta domanda di lei, agitò lentamente la mano a dire “Ho visto qualcosa muoversi”.
Rimasero davvero immobili quando improvvisamente, come generato dalle punte dei loro sguardi, da dietro il rottame emerse un ticchettio frenetico, sembrava il verso di una cicogna in amore. Improvvisamente si resero conto che da quando si era inoltrati fuori dalle zone conosciute non avevano visto né sentito uccelli e pochi animali: fastidiosi insetti volanti o striscianti, qualche serpentello spaventato, rare forme simili a lucertole zampettanti e diverse ossa sbiancate dal sole, sparpagliate o in grandi cumuli inspiegabili.
Il ticchettio della cicogna, ma non era davvero una cicogna, ne erano quasi certi, si ripeteva a intervalli irregolari ma sempre per un tempo che sembrava precisamente misurato. Dopo diverse ripetizioni un ticchettio più breve sembrò rispondere ma quello che allarmò i due ragazzi era che questo sembrava arrivare da dentro il muro. Tre volte il ticchettio breve poi silenzio.
Due figure spuntarono lentamente da dietro il rottame poi si misero a correre diritti verso il muro, da quella parte altri due stavano correndo loro incontro. Era talmente concentrati sul rottame per cogliere ogni eventuale traccia di movimento o altro segno di vita che non poterono capire da dove erano saltati fuori gli altri. Quando furono vicini iniziarono uno strano movimento, le braccia di uno circondavano il corpo dell’altro che a sua volta lo stringeva, ma non c’era violenza in quei gesti. Poi fu come se si scambiassero: le due ragazze si staccarono, Wyoh e Manny avevano capito che c’erano un ragazzo e una ragazza in ogni coppia, e ripeterono il gesto con il ragazzo dell’altra coppia. Poi tutti insieme si misero a formare un unico mucchio.
Non capivano che cosa stessero facendo, al loro villaggio, finita la fase dell’allattamento non ci si toccava, salvo per la riproduzione, qualche rarissima forma di violenza a scopo correttivo o al culmine di un diverbio, o brevi tocchi di comunicazione silente. Quella scena sarebbe forse sembrata ripugnante se qualcuno l’avesse raccontata ma lì, in quel momento, in quella situazione incerta, comunicò ai due ragazzi una strana sensazione di sicurezza, quasi di gioia.
Continuarono a osservare i quattro mentre si avvicinavano al muro, quando ci arrivarono ne furono inghiottiti. Almeno a loro così era sembrato.
Wyoh e Manny tornarono rapidamente nella spaccatura dove avevano passato la notte e sentendosi più al sicuro poterono cercare di capire quello che avevano visto.
Chi erano quei quattro? Erano Occidentali? Loro certo non se li erano immaginati così. Non sapevano esattamente come se li immaginavano, forse più potenti? Sicuri di sé? Più alti? Più “vestiti”? Più terrificanti, certamente.
E allora chi erano?
Avevano potuto osservare che erano chiari di pelle, non come Wyoh, più come il muschio seccato al sole, le ragazze avevano lunghi capelli neri e lisci, non i lunghi boccoli delle loro donne -le bionde chiome di Wyoh erano eccezionali come i suoi occhi blu-, i ragazzi sembravano avere la testa dipinta di nero tanto corti e scuri erano i loro, mentre gli uomini del villaggio avevano capelli corti e crespi e la loro pelle era molto molto più scura.
Usavano come segnale il rumore della cicogna, come loro, le sequenze che avevano sentito non le avevano riconosciuto ma il rumore era lo stesso.
E che cos’erano quei gesti mai visti? E dove erano spariti? Se non erano Occidentali erano comunque pericolosi?
E se fossero stati del Popolo della Luna? Dov’erano le navi con le quali dovevano arrivare? O qualcuno degli altri villaggi?

Pensandoci bene, Occidentali, Popolo della Luna e abitanti degli altri villaggi, nell’esperienza di Wyoh e Manny, si trovavano solo nelle leggende. E se i primi erano nemici pericolosi e i secondi salvatori annunciati, dei terzi nulla si diceva se non che sarebbero stati salvati insieme. Non c’erano regole per un’eventuale incontro, che comunque a memoria di donna non c’era mai stato, neanche nelle leggende più antiche.
Inutile pensarci troppo, loro non avevano le risposte. Dovevano andarle a cercare nella città; senza un piano erano partiti, senza un piano avrebbero continuato.
Stava già calando la notte, avanzavano con ancora maggior cautela e senza ulteriori sorprese furono a ridosso del muro. Non sapendo che cosa fare presero a spostarsi lentamente lungo di esso. Un punto del muro si illuminò improvvisamente ma la luce non si espandeva oltre lo spazio di poche dita. Guardando meglio, capirono che era una specie di apertura, non potevano fare altro che infilarsi, avevano trovato la risposta alla improvvisa sparizione.
Appena dentro ritornò il buio della notte, si distinguevano malamente ammassi che sembravano sovrastarli, cercarono quasi a tentoni un buco nel quale nascondersi ad aspettare la luce.
Non avevano altro da fare, non avevano più sogni o paure da raccontarsi, erano due notti che non dormivano, quasi tre, erano stati giorni faticosi fisicamente ed emotivamente, si addormentarono, nel sonno le loro braccia si sfioravano.
Quando si svegliarono, vergognosi di quel contatto percepito e accettato oltre gli strati del sonno, fecero fatica a rimettersi nello spirito dell’avventura che stavano vivendo, ma l’avventura era già lì.
Protetti da un mucchio di massi che sembravano rotolati con una frana, ma intorno alla città non c’erano montagne, quattro paia di occhi allungati li stavano fissando. Istintivamente Manuel Garcia afferrò un sasso a terra. Una delle ragazze disse qualcosa come “Tlalafine vettesimo iniziove tunesi secola tula miciato daleseli senidi soffelenza”.
Manuel Garcia si stava alzando lentamente in piedi con il sasso in mano, Wyoh gli prese l’altra mano a trattenerlo, ancora un contatto ma a Manny non dispiacque. Wyoh adesso era in piedi, la sua voce uscì sicura “E’ stato tra la fine del ventesimo e l’inizio del ventunesimo secolo che la natura ha cominciato a dare seri segni d’insofferenza” poi più sottovoce, rivolta a Manny “Senti? Sono le parole del profeta”. La ragazza che aveva parlato sorrise e si girò verso gli altri “Plofeta”, tutti sorridevano adesso, anche Wyoh. Manny ci mise un po’ di più. “Hanno un pessimo accento ma conoscono le parole” gli aveva detto lei “E il sorriso non ha accento”.
Le differenze di accento, il vocabolario che aveva seguito strade diverse per molte generazioni, abitudini differenti, regole malamente condivise, creavano non poche difficoltà, molti malintesi e qualche occasione di diverbio tra i maschi. Ma le ragazze erano attenete e pronte a far scorrere le cose.
Alla fine Wyohming e Manuel Garcia avevano capito questo: i quattro ragazzi, spinti più o meno dalle loro stesse domande, erano arrivati alla città un paio di lune prima, avevano scoperto che la città era abbandonata da anni, ma c’erano fontane d’acqua corrente, limpida e fresca, ripari che sembravano solidi e asciutti, grandi spazi di terra umida che potevano fornire cibo in grandi quantità, bisognava solo lavorarci un poco.
Avevano deciso quindi di tornare, due di loro, al villaggio che si trovava a tre giorni di cammino, ma loro ce ne avevano messi quasi cinque ad arrivare circospetti alla città e solo due a tornare quasi correndo al villaggio ad annunciare la grande scoperta.
Ma non li avevano creduti, non avevano voluto credere, alcuni volevano addirittura ucciderli come spie degli Occidentali. Alla fine li avevano espulsi. Ed erano tornati, arrivando, casualmente, insieme a loro.
Nelle loro leggende non si parlava del Popolo della Luna, non avevano nemmeno un Consiglio depositario di conoscenze riservate. Nelle loro leggende c’erano villaggi di neri come Manuel Garcia, di bianchi come Wyoh – ma che cosa ci faceva una bianca in un villaggio di neri?-, c’erano di gialli come il loro, ma anche di rossi e di bruni. Non tutti erano pacifici, non tutti erano amichevoli. Si sarebbero potuti abbracciare – e fare capire la storia degli abbracci aveva preso un tempo davvero complicato, ma adesso Wyoh e Manuel Garcia si abbracciavano spesso e con entusiasmo- riconoscendosi con le parole del Profeta. Non avevano previsto che le parole sarebbero state difficili da riconoscere.
Tra le differenze che più avevano colpito i nuovi arrivati, i gialli erano tendenzialmente monogami, come la loro Capa dei Capi, e su come valutare questo si erano per il momento divisi, mentre avevano accolto con soddisfazione l’idea che nei villaggi dei gialli non ci fosse una famiglia dominante e il comando non fosse riservato ad un genere, anche se più spesso la Capa era una donna.
Wyoh e Manny avevano presto rinunciato a ripetere l’esperienza del ritorno al villaggio, erano convinti che l’esito sarebbe stato analogo. Discutevano adesso in sei su come rendere queste conoscenze disponibili a tutti. Venne fuori un’idea che non aveva padrone: avrebbero trovato il modo di creare un movimento, una rottura di equilibrio, qualcosa che attirasse l’attenzione sulla città. Qualcuno come loro si sarebbe incuriosito e dai villaggi intorno alla città sarebbero arrivati altri, di altri colori magari, ma con la stessa voglia di cambiare.
Poi avrebbero scelto le regole che insieme avessero reputato migliori, ma ognuno poteva seguire le proprie se non danneggiavano gli altri. E il capo non sarebbe stato a vita e non avrebbe scelto il suo successore. Avrebbe avuto qualche luna, forse qualche anno, di tempo per farsi amare e il successore sarebbe stato scelto da tutti.
E così fecero. Il primo capo fu Shan, la ragazza che per prima aveva parlato con le parole del Plofeta, dopo di lei, dopo quattro anni, fu Alto, un bianco arrivato con tre compagni neanche una luna dopo il grande fuoco che avevano acceso. Poi fu Wyohming che con Manuel Garcia aveva già due figli. Nessuno sapeva di che colore definirli ma in fondo a nessuno importava. La città contava già centinaia di abitanti.
Manny non fu mai eletto Capo ma non gli dispiacque. Avevano sempre eletto dei Capi molto bravi e molto amati. Lui fu il primo a capire che gli strani oggetti raccolti nella grande sala del legno erano i libri di cui parlavano le leggende dei bianchi e che quei segni scuri sui fogli erano parole.

Passò gran parte della vita a cercare di decifrarli. E ci riuscì. Partendo proprio da quelle parole che aveva imparato a memoria poco più di bambino e mai dimenticate: E’ stato tra la fine del ventesimo e l’inizio del ventunesimo secolo che la natura ha cominciato a dare seri segni d’insofferenza…
Ma il libro del Profeta conteneva altre risposte nelle ultime pagine: Abbiamo perso il contatto con tutte le altre città, neppure i Clandestini si avvicinano più, siamo riusciti a spaventarli abbastanza da tenerli lontani per sempre. Siamo rimasti soli, sempre meno numerosi e più sazi. Non riusciamo più a fare figli mentre le macchine continuano a produrre per tanti. Forse la generazione dei nostri figli sarà l’ultima degli Occidentali, forse qualche Clandestino sarà riuscito a sopravvivere là fuori. In ogni caso Natura ha vinto. La pace è tornata sulla terra.
Quando Manuel Garcia morì tra i libri, Wyoh decise di lasciare da sola la città, era vecchia e stanca. I suoi figli ne furono rattristati ma ognuno doveva poter decidere della propria vita e della propria morte.
Stuart, il loro primo figlio, il nonno di mio nonno, chiamato così in onore del Profeta, decise di provare a scrivere la storia che i genitori gli avevano tante volte raccontato.
Per questo io ho potuto raccontarla a voi mentre aspettiamo che quelli che si dicono i discendenti di Alto, i Veri Bianchi, vengano ad ucciderci. Dimostrando che il Profeta aveva torto.
