capanne, qualche raro edificio di terra battuta

Il villaggio era costruito sulla cima di una altura non troppo elevata per sfuggire alle piene del fiume, per non essere troppo distante dall’acqua e per scansare frane e valanghe. Tutti i villaggi del Popolo erano costruiti così. Massimamente capanne, qualche raro edificio di terra battuta solo appena più solido, comunque resistente alla maggior parte dei terremoti che abitualmente scuotevano il paesaggio, dove si riunivano i Capi, impartivano ordini, ricevevano suppliche, comminavano punizioni.

Da molti dei villaggi del Popolo si poteva scorgere in lontananza una delle residue città degli Occidentali. Erano ammassi biancheggianti e indistinti, completamente circondati da un alto muro, apparente insormontabile. Sembravano inattaccabili dalle piene dei fiumi, anche se erano sempre costruiti a poca distanza da uno di loro. Sembravano anche resistere indenni ai peggiori dei terremoti.

Le leggende sugli Occidentali raccontavano che all’interno si viveva “come ai vecchi tempi”, qualunque cosa volesse dire questa frase. C’erano meraviglie indescrivibili, comodità inimmaginabili e ricchezze incalcolabili. Anche se nessuno del Popolo aveva davvero idea di meraviglie, comodità e ricchezze.

I vecchi tempi, come tutti i tempi passati, rimanevano avvolti nelle nebbie delle leggende.

E nelle parole del Profeta. Stuart René LaJoie, il Profeta, le aveva scritte. Non erano arrivate scritte agli abitanti del villaggio di Antalia che comunque non avrebbero saputo leggerle. Tramandate come segreti iniziatici all’interno della grande famiglia Davis, la famiglia dei Capi, le parole del Profeta erano il suggello del loro predominio, erano obbligatoriamente imparate a memoria da tutti i giovani che venivano chiamati a far parte del Consiglio.

Nessuno ormai sapeva veramente quelle parole che cosa volessero significare.

E’ stato tra la fine del ventesimo e l’inizio del ventunesimo secolo che Natura ha cominciato a dare seri segni d’insofferenza al come veniva trattata dalla specie dell’Homo Sapiens.

In realtà già l’utilizzo di questa notazione temporale dovrebbe attirare l’attenzione sul fatto che non è proprio corretto parlare di tutta la specie, sarebbe più preciso, anche se non scientificamente esattamente definito, parlare di cultura occidentale. Comprendendo con questa definizione la cultura di derivazione greco romanica propriamente detta, il sistema economico capitalistico e la gerarchia di valori che da questi due caposaldi, culturale e economico, discendeva. Per questo di seguito utilizzeremo il termine Cultura Occidentale oppure gli Occidentali.

C’erano sì le manifestazioni esplosive ricorrenti e sempre più devastanti come gli uragani e simili o le grandi inondazioni (ma forse anche i sempre più frequenti terremoti potevano essere in qualche modo collegati) ma soprattutto l’accelerazione di fenomeni fin ad allora lenti e apparentemente pazienti come la desertificazione dei continenti e lo scioglimento dei ghiacci, figli di quel riscaldamento globale che troppi Occidentali ancora insistevano a negare o sottovalutare.

Fin qui la guerra avrebbe potuto sembrare: Natura inanimata contro specie viventi, dove la Cultura Occidentale pensava di dominare tutte le altre, le altre popolazioni di Homo sapiens comprese. Gli Occidentali anzi, sfruttando e piegando al loro interesse le altre specie viventi in realtà le brandivano come ulteriore arma per piegare a sé Natura nella sua interezza.

Ma l’ira crescente di Natura non poteva non alterare un equilibrio sempre più fragile. Un colpo violentissimo e inaspettato era arrivato dalle pandemie; una dopo l’altra, in successione sempre più rapida e con diffusione sempre più globale, avevano messo in ginocchio il sistema economico capitalista e praticamente cancellato negli Occidentali, drasticamente ridotti di numero, anche il ricordo del valore della solidarietà già peraltro sempre più sommessamente praticato. La bandiera che riportava il motto fondante “Libertè, Egalitè, Fraternitè” era stata sepolta dalla sabbia dei deserti, dalle maree montanti e dalla massa pressante dei Clandestini che irrompevano senza bussare nelle poche città ancora resistenti degli Occidentali.

Poi c’erano le leggende che definivano regole di sopravvivenza e suggerivano speranze. Ma erano anche usate nei confronti degli altri abitanti per incutere paura, soprattutto degli Occidentali.

Leggende dicevano che gli Occidentali all’interno delle loro città “si stavano preparando”, anche se nessuno sapeva esattamente che cosa questo volesse dire, e che un giorno sarebbero usciti dalle città per distruggere tutti i villaggi e il Popolo. Per questo bisognava restare uniti, lavorare sodo e obbedire ai Capi.

C’erano anche leggende che dicevano che gli Occidentali di tanto in tanto, soprattutto di notte, uscivano dalle città, si infiltravano in qualche villaggio e rapivano i bambini più piccoli per mangiarli. I Capi non raccontavano queste leggende, non le smentivano però, e in fondo le consideravano utili.

Secondo le leggende molti coraggiosi o incoscienti avevano cercato di avvicinarsi alle città, nessuno era mai tornato riportando elementi di fatto. O non si era avvicinato abbastanza o proprio non era tornato, e forse non si era comunque avvicinato abbastanza.

Ma era certo che gli Occidentali, ben chiusi e protetti, si stavano preparando. A qualcosa. Questo dicevano le leggende.

In realtà nessuno conosceva qualcuno che avesse visto almeno un Occidentale, nemmeno che avesse colto un qualunque segnale di vita all’interno o subito all’esterno di nessuna delle loro città.

C’era un’altra leggenda fondamentale per la vita del villaggio: la Leggenda della Luna.

Sulla Luna abitava un Popolo, un Popolo simile a loro, sfuggito per tempo alla furia della natura e alla rabbia degli Occidentali, che stava lavorando per preparare il ritorno sulla terra a costruire, assieme agli abitanti di Antalia e dei villaggi vicini, la strada che alimentava le speranze.

La speranza era un bene prezioso ad Antalia, era l’unico argine per evitare di precipitare nell’individualismo assoluto, per tenere insieme le famiglie del villaggio dividendo il più possibile equamente le scarse riserve. Speranza che qualcuna di quelle antiche leggende contenesse la strada per un posto più bello? Un futuro migliore?

La speranza era un bene prezioso anche perché era raro; Mimi Davis, “Mamma”, l’incontestata Capa dei Capi, nella sua lunga vita non era mai riuscita a capire perché così raramente nascesse un bambino con quella luce negli occhi, quella sicurezza nei gesti, fin da piccolissimo. Ma qualcuno ne nasceva, fortunatamente. E uno dei compiti più importanti di Mamma era riconoscerli, istruirli e prepararli. Tra questi aveva già scelto le due o tre candidate a prendere il comando quando lei fosse passata, perché da sempre il capo dei Capi era una femmina.

Manuel Garcia apparteneva alla famiglia dei Capi, già da piccolo aveva cominciato a sperare. E a porsi domande, e a provare rabbia.

Sperare di poter vedere finalmente arrivare il Popola della Luna ma anche solo che il Popolo qui riuscisse a vivere un po’ meglio, con un po’ meno di fatica e di paura. E fin qui nessun problema.

Poi c’erano le domande: quante delle leggende o quanta parte delle leggende erano vere? E gli Occidentali com’erano fatti, sempre che fossero fatti in qualche modo? E quante generazioni erano passate dalle parole del Profeta e quante da quelle parole ai fatti che raccontavano. Ma queste domande dovevano restare nascoste, nessuno che non fosse più un bambino poteva apertamente porsi domande simili, non era esplicitamente proibito ma non aiutavano certo a crearsi una posizione nel Consiglio.

Per questo Manuel Garcia era arrabbiato, l’ipocrisia accettata da tutti gli sembrava il masso legato alle caviglie dei corridori durante i giochi; avrebbe dovuto servire a mettere tutti in pari condizioni di partenza -più forte era il corridore più pesante il masso che doveva trascinare- il risultato era che di fronte al pubblico dei giochi nessuno poteva correre veloce come sapeva fare durante la caccia o dietro a una ragazza.

Erano le ragazze che dovevano scegliere tra quelli che si proponevano il miglior compagno per la procreazione e comunicarlo agli Anziani. Ma la tradizione voleva che poi fossero i ragazzi a partire all’inseguimento che doveva concludersi nel luogo scelto da lei per l’atto. La leggenda diceva che più durava l’inseguimento maggiori erano le possibilità di procreare una femmina così le ragazze ce la mettevano tutta e i ragazzi si giocavano il rispetto del villaggio.

(nota dell’Autore. Quando ho cominciato a scrivere racconti per questo blog mi sono dato un limite di lunghezza per non stancare gli eventuali lettori. Questo mi è uscito un po’ più lungo, quindi ho deciso di pubblicarlo “a puntate”. Le prossime le trovate qui
https://parolemiti.net/2020/12/25/futuro-prossimo-2-wyoming/
https://parolemiti.net/2020/12/25/futuro-prossimo-3-il-cammino/
puhttps://parolemiti.net/2020/12/25/futuro-prossimo-ultima-la-citta/)

da qui ho preso a prestito i nomi