
Non ce ne sta più nemmeno uno! Posso spostare, girare, spingere quanto voglio, non ci sta più niente. La nostra libreria, le nostre librerie dovrei dire, sono strapiene, packed, débordantes, gefűllt, llenas, posso anche cambiare lingua o alfabeto, sempre strapiene restano.
Qualche anno fa abbiamo studiato e approssimativamente realizzato, un riordino globale di tutti i libri, suddividendoli al meglio nei diversi spazi a disposizione. La libreria in soggiorno, arte e narrativa, quella in studio, riservata alla poesia, le quattro in taverna, saggistica, hobbies-natura-sport, lingue straniere, allegati alla stampa. Più o meno.
Già all’inizio eravamo dovuti scendere a qualche compromesso. Era evidente che tutta la narrativa non ci stava in soggiorno mentre le lingue straniere occupavano uno spazio striminzito, quindi un po’ di autori significativi in metri cubi – Proust, D’Annunzio, Shakespeare e una bella fetta di Meridiani al seguito – si sono ritrovati prigionieri nel sottosuolo. E a proposito di metri cubi c’era sicuramente, anche se ora non me lo ricordo, una logica nella ripartizione di enciclopedie, dizionari e simili; c’entrano sicuramente affinità di contenuti e criteri estetici. Forse per questo le Garzantine si aggirano sperdute tra A Midsummer Night’s Dream e Sogno di una notte di mezza estate.
E poi tutti belli ordinati! La narrativa, e la poesia, per autore. A parte quelli esiliati al piano di sotto e i Meridiani scampati alla purga. Quelli fanno bella mostra di sé sul ripiano alto del soggiorno. I libri d’arte per artista.
La saggistica per materia, e non vi racconto le infinite discussioni sulla classificazione di titoli come L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, La democrazia in America o Saggio sul tempo di Elias.
Per farvela breve, ci abbiamo messo settimane, un paio di mesi, ma alla fine eravamo soddisfatti del risultato. Ma come diceva Lord Chesterfield di ben più significativo operare: la fatica è tanta, la soddisfazione è breve. Sulla posizione poi, a partire dalla dispersione dei materiali su due piani, la posizione è a volte molto scomoda.
La costante, a volte torrentizia, immissione di nuovo materiale unita a tardivi ripensamenti classificatori (con la o aperta), ha cominciato a produrre i primi turbamenti dell’equilibrio faticosamente raggiunto con la creazione di doppie file e microinfrazioni alle regole di ordinamento, proseguendo poi con i “per adesso lo appoggio qui sopra, di taglio, dopo lo sistemo” lasciato per mesi a riprodursi in altri scaffali “dobbiamo fare qualcosa, non si può andare avanti così”. E subire impotenti l’effetto spaventoso di un simil Blob di fogli di carta che, riempito ogni buco anche solo vagamente acconcio, si spande informe su scrivanie, tavolini, comodini, mensole della cucina, scarpiere. Eh no! Scarpiere no! E’ davvero troppo.
Lei aveva provato a buttare lì un “possiamo comprarne, o farne fare, una sottile sottile da appoggiare alla colonna in corridoio” che era anche l’unico pezzo di muro rimasto libero in casa ma non aveva osato far finta di ignorare la mia reazione decisa, per quanto contenuta, “non ci provare neanche” dicevano i miei occhi.
“Decimazione! Adesso ci mettiamo lì e ne troviamo un tot dei quali possiamo fare a meno. Poi decidiamo che cosa farne. Ma fuori dalle librerie!”
Era un’operazione che avevamo già affrontato in passato, alcune volte. Sempre spinti dall’urgenza di trovare spazi per nuovi ingressi. Un paio di volte erano andati a buon fine tentativi di liberarci in blocco di intere sezioni; tutta la letteratura tedesca e relativa saggistica verso il corrispondente istituto universitario, tutto il futurismo venduto ad un collezionista anelante, qualche metro di critica letteraria utilizzato da una lontana cugina per darsi un’aria intellettuale nella nuova casa ancora tremendamente anonima.
A parte questi, i nostri possibili sottoinsiemi non erano abbastanza specializzati o corposi per analoghe emorragie. Bisognava quindi rassegnarsi, passarli uno per uno e trovare quelli che non erano: piaciuti tantissimo, anche solo tanto, anche appena, comunque piaciuti, ad almeno uno dei due. Legati ad un ricordo, antichi, di un autore “importante”, Adelphi, non mi ricordo bene magari lo rileggo, non ancora letti salvo che fossero rimasti nel box riservato -ai non ancori letti- da un tempo tale da lasciar fortemente presumere che mai lo sarebbero stati, letti.
Come cercare di convincere un complottista: sai già in partenza che perderai tempo e voce, non otterrai niente, che ti sentirai più cretino di lui per averci provato ma non puoi esimerti dal provarci.
Così ci siamo ritrovati stanchi, nervosi per i settecentoquindici battibecchi su altrettanti titoli controversi, con appena qualche spiraglio conquistato sugli scaffali, subito tappato con la sola liberazione del tavolino del soggiorno e una melanconica pila di volumi abbandonati, non amati, rifiutati. Che te ne fai visto che i libri in nessun caso si buttano via e ogni tentativo di distribuzione individuale avrebbe richiesto un tempo immenso rispetto al valore loro attribuito? La soluzione già altre volte praticata è farne un lotto da mettere in vendita su Ebay confidando che almeno qualcuno di questi arriverà a menti più accoglienti delle nostre.
Ma adesso bisogna controllarli uno per uno che non ci siamo danni severi, dediche troppo personali, annotazioni invasive o inserti compromett…
Una lettera! E’ saltata fuori una lettera.
Non riconosco la scrittura, non c’è busta né esordio (ho cercato su Google: si chiama così il “Gentile Signora Rossi,”, “Caro amico,”, “Unico amore mio,” o simili). Quindi non so chi l’abbia scritta a chi. Nemmeno il libro mi aiuta. E’ uno dei tanti, in realtà no, non sono poi così tanti, che non si sa bene come ci siano finiti, nella nostra libreria. Forse regali, ma anche acquisti d’impulso, mai ritenuti degni del tempo necessario per leggerli e passati dal box dei nuovi agli scaffali, senza lasciare traccia nella memoria, nemmeno del donatore, ma quelli sarebbero nuovi di pacca. Libri letti talmente tempo fa e talmente inutilmente da essere rimossi come desideri inaccettabili all’Io. Residui di una fusione, ereditaria o da trasloco, salvati dalla dispersione o peggio, dalla distruzione, per ragioni che non hanno retto alla prova dei fatti, magari anche delle prime pagine, anche loro evanescenti come nebbie mattutine.
Tengo in mano la lettera, carta sottilissima quasi come la posta aerea di tanti anni fa, di un azzurro pallido che le dà un’aria vagamente romantica. Giurerei perfino di sentire un residuo profumo anche se so che è impossibile.
Tengo in mano la lettera, desidero disperatamente assorbirne le parole, conoscerne o almeno poterne immaginare la storia, la storia di quei due sconosciuti. Il mittente lo immagino uomo, è una scrittura maschia e adulta, il tempo almeno prima della mia nascita. Ed è obbligatoriamente una storia romantica. Una destinataria.
E se lei non l’avesse mai letta? Se un terzo o un evento esterno si fosse frapposto in questo fluire di sentimenti e di emozioni? Come potrei rompere quella sospensione che giace da anni, decenni, nascosta al buio delle pagine del libro?
Non ho ancora letto una parola, sì lo so, le prime le ho viste ma il mio cervello si rifiuta di interpretarle, e già mi sono costruito metà della storia. E se fosse l’ordine delle provviste per Pasqua, magari anche un mezzo agnello? Un sollecito di pagamento con conseguente minaccia di sfratto? Una supplica per ottenere una raccomandazione per il cugino che deve partecipare al concorso per usciere al tribunale?
Tengo in mano la lettera, mi sembra calda, la sento fremere. La ripongo a caso tra le pagine del libro, mi piacerebbe che fossero le stesse pagine di prima, non lo saprò mai. Rimetto il libro dov’era, a fatica dato che gli spazi si sono riconsolidati.
E me ne dimentico. Per sempre.

Forse il racconto che mi è piaciuto più di tutti, questo. Il meglio, il sopraffino, dell’Autore
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