Riprendere l’Università dopo più di 30 anni

Che non si sia mai finito di imparare è una verità talmente scontata che non varrebbe neppure la pena di ribadirla.
Meno scontata è invece la scelta tra i possibili percorsi di acquisizione della conoscenza. Certo, resta fondamentale l’atteggiamento di apertura e di attenzione che ci porta a vivere ogni nostra esperienza come un momento di crescita: il percorso della conoscenza come esperienza pratica consapevole.
Poi c’è il percorso della formazione, per tutti i lettori di questa rivista naturalmente intesa come palestra delle menti alla ricerca del meglio di sé stesse. La ricerca, lo studio, la documentazione sui temi, sulle situazioni e sulle circostanze nelle quali ognuno si trova ad operare ed a prendere decisioni è il percorso che la scelta delle nostre letture traccia in equilibrio tra istinto e opportunità.
Sono solo alcuni esempi di come si possa dare concretezza a quella scontata verità; ma non possiamo certo passare sotto silenzio il percorso istituzionale, il percorso dell’istruzione scolastica.
Certo da ragazzi è difficile interpretare l’onere, spesso malvolentieri sopportato, degli studi come un momento, “il momento”, della propria autorealizzazione, o almeno della costruzione di essa. E anche da giovani adulti quando frequentare l’università concretizza il nostro ruolo sociale, la preoccupazione per un futuro ancora tutto da inventare tende a proiettare la sua ombra sul valore che l’acquisizione della conoscenza avrà sul nostro divenire “persone” adulte senza più aggettivi.
Ma quando, raggiunto un discreto livello di professionalità grazie alla formazione, allo studio e all’esperienza, ci decidiamo di ripresentarsi al portone della scuola, la consapevolezza del compito diventa totale. La responsabilità, per esempio: responsabilità verso sé stessi per la enorme quantità di tempo investito, tempo obbligatoriamente sottratto ad altri più consueti utilizzi e responsabilità verso tutte le persone che intorno si accollano parte del peso per facilitarne lo svolgimento.
Il successo diventa un obbligo in virtù di quello che rappresentiamo, della testimonianza e dell’esempio che ci siamo chiamati a dare, la nostra immagine diventa un bene comune da difendere e da valorizzare.
E così tra libri ed esami, sentendoci a volte un po’ fuori posto in questa atmosfera un po’ astratta e molto adolescenziale, rafforzati da mille conferme e affascinati da mille scoperte, arriviamo in fondo ad un percorso tracciato sì da altri ma che abbiamo percorso a modo nostro.
Ne è valsa la pena? Certamente! Siamo un po’ più forti, un po’ più ricchi, un po’ più esperti e consapevoli di aver fatto il nostro dovere: il dovere di compiere tutto ciò che non abbiamo il dovere di rifiutare.
Questo articolo é stato pubblicato sulla rivista Wonderful Time, nel febbraio 2007

Qualche decennio fa, un tale maestro disse una frase che divenne proverbiale: non è mai troppo tardi. Ma non per gli altri, per sé stessi.
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Articolo molto interessante. Come sappiamo i percorsi della conoscenza sono cadenzati da una parte dall’obbligarietà della vita (percorsi scolaastici), dall’altra dalle scelta della vita (percorsi formativi/lavorativi). Questi sono fondamentali per la ricerca di nuovi percorsi legati all’avanzare dell’età , più personali ed intimi che ci aiutano a scoprire e consolidare la nostra esistenza.
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