non osano più chiedere cose che non sono certi di poter avere

In un’intervista esclusiva Babbo Natale ci rivela i suoi progetti per un futuro migliore

Il tradizionale costume rosso bordato di ermellino bianco abbandonato negligentemente sul divano acciaio e pelle nera, fasciato da un tuta ipertecnologica in kevlar che lascia appena indovinare quello che fu uno stomaco morbido e accogliente, abbronzatura caraibica da manager di successo, sorriso rilassato di chi ci aspettava come se questa intervista fosse il miglior modo di passare il proprio tempo, Babbo Natale ci accoglie nel suo studio-laboratorio che se non fosse sprofondato sotto i ghiacci dell’Artide farebbe la sua bella (porca) figura all’ultimo piano dei più moderni grattacieli di Singapore.

La prima domanda manifesta la nostra sorpresa: “Ma non dovrebbe essere super impegnato a preparare i pacchi regalo?” Il sorriso non muta ma la voce assume una sfumatura tra il compassionevole e il professorale: “Il modo cambia, ragazzo mio, oramai i regali non sono più affare di pochi privilegiati nelle regioni favorite della terra. La globalizzazione ha travolto anche l’espressione dei sentimenti di affetto. Magari in altra sede e in altro momento potremmo affrontare l’aspetto etico della questione, qui e oggi il mio ruolo e quello di rispondere in modo efficace alle esigenze di un “mercato” in continua espansione. Ho organizzato un call-center per l’analisi e lo smistamento delle richieste; l’ho affidato in gestione ad una cooperativa di ex pastori del presepe che rischiavano la disoccupazione e ne sono contentissimo. Accettiamo ogni tipo di comunicazione, dalla tradizionale letterina, alla telefonata, sms, e-mail e naturalmente siamo specializzata nella analisi dei desideri emessi telepaticamente. I ragazzi sono veramente in gamba, sai oggi i palestinesi hanno un grado medio di cultura superiore agli occidentali e secoli di attesa della libertà li hanno resi particolarmente sensibili a interpretare i segni del cambiamento nel mondo; lavorano sodo, non hanno grandi esigenze e hanno anche un buon rapporto con l’organizzazione di quel bambino che da un po’ di tempo, una ventina di secoli, sta cercando di farmi la concorrenza.

Per l’esaudimento delle richieste abbiamo anche fissato delle regole precise: tutti i prodotti che abbiamo in stock – e sono diversi milioni di referenze – possono essere richiesti anche con un preavviso minimo di 24 ore, per i regali fuori serie facciamo un preventivo di tempi di realizzazione e consegna ma se non viene richiesto e accettato, non ci sentiamo impegnati. Per esempio un questi ultimi anni abbiamo una crescente richiesta di “Pace nel Mondo”. Noi abbiamo cercato in tutti i mercati, abbiamo anche fatto decine e decine di viaggi indietro nel tempo, ma non abbiamo trovato prodotti affidabili. Tutti i secoli hanno avuto i propri mercanti di Pace, ma vendevano prodotti che si consumavano in fretta e spesso si rompevano già durante il trasporto e non ti dico la faccia di chi si vede recapitare qualche coccio di Pace inservibile. Allora abbiamo accelerato sul processo di ottimizzazione della gestione degli stock e stiamo lanciando un nuovo progetto.” ….

Come travolto dal torrente impetuoso delle sue stesse parole, Babbo Natale a questo punto si è fermato guardandoci con l’aria di voler capire se lo stessimo seguendo e quale fosse il nostro interesse. “Sapete, è un progetto che mi sta molto a cuore: una volta la situazione era tale che soddisfare i desideri dei bambini buoni (e anche dei grandi) era di per sè un compito impegnativo e di grande soddisfazione. Quasi ogni regalo recapitato raccontava storie di sacrifici e rinunce fatti più che volentieri nel segno dell’amore; spesso dovevo intervenire per sopperire con qualche idea alla mancanza di disponibilità economica di chi mi interpellava e tutto alla fine era ricompensato dallo stupore riconoscente di chi quel regalo riceveva. Oggi molto è cambiato, certo in meglio, ma il risultato è che la pratica dei regali tende a diventare un meccanismo economico come tanti altri. La maggior parte dei bambini (e anche dei grandi) sanno che possono avere tutto quello chiedono e non osano più chiedere cose che non sono certi di poter avere. E di conseguenza non sono più capaci di stupirsi all’apertura di pacco. Ho visto regali di Natale lasciati soli sotto l’albero anche fino all’Epifania solo perché la confezione non aveva suscitato curiosità o interesse e questo, non per essere meschino, fa solo il gioco di quella befana che riesce a farsi bella (naturalmente solo nel senso figurato del termine) del lavoro di altri.

Allora ho deciso che bisognava darsi una botta di modernità: messe a riposo le renne e gli gnomi ho imbarcato una schiera di extracomunitari che fanno le consegne in aerocicletta, i più adatti sono i peruviani, abituati a faticare in altitudine, ma tutti i sudamericani in genere fanno bene al caso. Per il confezionamento invece le migliori che ho trovato sono ragazze cinesi: un delicato senso del bello, del grazioso, fantasia e quelle manine che riescono a lavorare oggetti e ornamenti minuscoli. Mi rimaneva da risolvere la delicata questione del controllo sui regali scelti: a volte, sapete, arrivano richieste non proprio in sintonia con lo spirito della nostra organizzazione e, senza voler esercitare nessun tipo di censura, mi sono sempre tenuto il diritto di non evadere richieste che mi sembravano inadeguate. Ho fatto diversi tentativi, ho scartato gli americani perché troppo bacchettoni, i tedeschi perché privilegiavano Marte rispetto a Venere, i messicani perché non ce la facevano a starci dietro, in generale quelli dei paesi meno ricchi perché hanno la tendenza a sopravvalutare l’aspetto economico legato al regalo, quelli dell’est non hanno ancora sviluppato abbastanza lo “humor”, gli italiani e i latini in generale troppo facili a scendere al compromesso se non alla corruzione.  Insomma, una fatica! Alla fine ho provato con gli eschimesi, intanto sono comodi perché abitano proprio qui fuori e poi non si fanno troppe domande: se una cosa a loro piace, la fanno passare, se no, no. E hanno un istinto quasi infallibile, nessun condizionamento etico o culturale riesce a distrarli dal “sentire” se chi regala è animato dall’affetto o da altro e solo questo è in definitiva quello che conta.

A questo punto mi sono ritrovato con una organizzazione efficiente che gira da sola come un orologio svizzero e soprattutto una quantità di informazioni sui desideri di chi ha a cuore la felicità altrui e che magari non sa come esprimere questo sentimento con un regalo.

Abbiamo lavorato sodo con il marketing e avevamo deciso che, senza nulla togliere ai regali tradizionali, che continueremo ad offrire, magari cercando di suggerire una qualche forma di limitazione degli eccessi, ci saremmo concentrati sulla richiesta di Pace, magari non nel formato maxi “Pace nel Mondo”, ma nei formati mini tipo “Pace con sé stessi” o “Pace con le persone intorno a sé”.

Ma a quel punto ci siamo accorti che la Pace non si può regalare, non ci si riesce proprio, non si riesce ad infilarla in un pacchetto e i nostri esperti di logistica sembrano convinti che l’unico contenitore adatto per la Pace sia il cuore degli uomini, ma non ci si può mica mettere il fiocco, al cuore degli uomini, e soprattutto spesso è chiuso così forte che non si riesce ad aprirlo!!! Ed è qui che ho avuto l’idea geniale: invece di proporre Pace pronta da regalare, cominceremo a proporre strumenti per aprire il cuore degli uomini!”

Dopo questa lunga tirata senza mai prendere fiato, Babbo Natale ha fatto, finalmente, una lunga pausa. Improvvisamente sembrava senza parole, lo sguardo un po’ perso nel vuoto, come se non sapesse come continuare. Poi lentamente si è rivolto verso di noi, un sorriso timido lo faceva sembrare più simile alla immagine tradizionale di quanto non fosse stato fino a quel momento “A proposito, ci ha detto a bassa voce, non è che conoscete un buon Centro di Formazione?”

Questo articolo é stato pubblicato sulla rivista Wonderful Time, nei primi anni del 21° secolo.