Per leader che sanno farsi seguire

Una recente ricerca è giunta alla conclusione che tutte le principali università americane proponevano ai loro studenti corsi di leadership, corsi per potenziare le caratteristiche richieste ad un leader, ma nessuna, proprio nessuna, proponeva corsi per divenire ottimi collaboratori.
E pensare che proprio nelle stesse università si insegna che, analizzando le caratteristiche distintive delle aziende di successo, non più del 20% sono legate alla leadership, la gran parte, l’80% circa è legato alle qualità dei collaboratori.
E’ inoltre patrimonio comune di esperienza che la maggior parte delle persone non aspirano alle responsabilità tipiche del leader, anzi spesso ne rifuggono.
Pensate alle più grande antica organizzazione ancora attiva con successo nel nostro mondo: duemila anni di storia, diffusione planetaria, centinaia di milioni di associati, decine di migliaia di quadri, eppure il suo leader e ispiratore, ancora oggi riconosciuto tale, ha operato solo per tre anni in un piccolissimo lembo di terra, lasciando poche decine di seguaci.
Allora, chi ha fatto crescere l’organizzazione? Chi ne ha definito la strategia di espansione territoriale? Chi ne ha guidato la discesa nelle catacombe? E chi, associando la madre di Costantino, ne ha definitivamente sancito la “visibilità globale”?
Dei collaboratori, dei collaboratori senza nome, dei collaboratori senza un posto nella storia.
Pensate, noi conosciamo il nome di molti sognatori il cui sogno ha vissuto il tempo appena sufficiente per essere scritto e che si è spento senza lasciare tracce concrete dietro di sé, ma non conosciamo i nomi di nessuno di quei collaboratori che magari seguendo la visione di un leader illuminato hanno costruito il successo delle organizzazioni.
Collaboratori che non sono i paurosi pecoroni, yes men pronti a ogni compromesso che ci disegna lo stereotipo dominante nella nostra cultura ossessionata dal mito della leadership ad ogni costo; ma uomini che hanno il coraggio di essere onesti con sé stessi forgiando un proprio individuale percorso di collaborazione e trovare il proprio personale significato della vita.
Persone che scelgono di lavorare con gli altri invece di competere, avere il gusto delle cose ben fatte piuttosto che aspirare al potere, battersi per ciò che si ritiene giusto anziché cercare la promozione, prendersi a cuore le cose senza limitarsi al proprio dovere.
Insomma “collaboratori esemplari” che fanno propri gli obiettivi dell’organizzazione e del leader, che credono nelle stesse cose e vogliono realizzarle.
Collaboratori che manifestano il loro più grande valore nel momento delle scelte fondamentali quando la consapevolezza del ruolo e la sicurezza di sé permettono loro di esprimere, con rispetto e competenza, ogni dubbio e valutazione, anche critica.
Se ogni processo di beatificazione ha necessità di un “avvocato del diavolo”, ogni scelta organizzativa trae vantaggio da un collaboratore dotato di capacità critica propositiva.
Allora forse la migliore qualità del leader che vuole perseguire la realizzazione del suo sogno attraverso il successo a lungo termine di una organizzazione incaricata di renderlo concreto, è quello di attirare e mantenere presso di sé collaboratori esemplari; riconoscerli e riconoscere le loro specifiche qualità, dare loro lo spazio per la creatività ma anche per la precisione e la cura del dettaglio.
Lasciare loro il tempo per “impadronirsi” della sua visione, lo spazio per interpretarla con le proprie parole e la libertà di viverla con le proprie qualità.
Liberamente ispirato da R. Kelley, Il potere del collaboratori, Franco Angeli, Milano, 1994
Questo articolo é stato pubblicato sulla rivista Wonderful Time, nei primi anni del 21° secolo.
