
Spesso i nostri corsisti ci chiedono perché le società di formazione come la nostra non operino in collaborazione con Scuole ed Università.
Posta così, la domanda non ha risposta. Dire che non dipende da noi è banale, dire non esiste un interlocutore disponibile è un’ipotesi tutta da verificare, dire che il costo della formazione è molto superiore a quello dell’istruzione scolastica tradizionale è un alibi facile da superare: i vantaggi anche solo economici di avere una gioventù “formata” e non solo istruita sono evidenti. E allora?
Recentemente un corsista ci ha fatto una domanda diversa che però contiene la risposta alla precedente: Perché la scuola non insegna a vivere? A questa domanda la risposta è semplice: perché non è il suo ruolo, non è l’obiettivo per il quale è nata e per il quale viene gestita.
Da sempre, sotto tutti i climi e sotto tutti i regimi, qualunque fosse il modello di società dominante, il compito della scuola, della scuola diciamo “pubblica”, non è mai stato di creare leader, sognatori coi piedi per terra che gestiscono le proprie scelte e quindi la propria vita, non è mai stata quindi di “insegnare a vivere”. Il ruolo della scuola è sempre stato di creare ottimi “tecnici”, esecutori delle decisioni di altri, preparati a far crescere e conservare il modello di società al potere. Infatti le uniche scuole in cui da sempre si fa formazione e non solo istruzione sono le scuole interne al potere, le scuole militari, le scuole religiose, le scuole riservate ai rampolli, di sangue o ideali, dei “politici” al potere. Certo, con metodi e finalità diverse da quelli dai quali siamo partiti con il nostro ragionamento, queste scuole formano leader e la storia ci insegna che tutte le volte che queste scuole tradiscono la loro missione, molto velocemente il potere passa di mano.
Ma torniamo a noi; se tutto questo è vero, perché la nostra società fa formazione? Semplice: non ha un potere da difendere e non è controllato da alcun potere.
Ma perché tanti imprenditori, leader di successo, accettano e mettono in pratica all’interno delle loro aziende – organizzazioni nelle quali detengono il potere – i principi della formazione e dello lo sviluppo delle risorse umane? Anche questo è semplice: perché le aziende, a differenze delle strutture sociali, operano all’interno di un mercato concorrenziale, un mercato sempre in evoluzione dove non si può conservare una posizione se non evolvendo. E non basta evolvere alla velocità del mercato, la velocità media, bisogna evolvere alla massima velocità pena la perdita di posizioni.
E questi leader sanno che per crescere rapidamente, tutta l’azienda deve crescere, tutti le persone dell’azienda. La crescita non può essere affrontata con una squadra di esecutori, la crescita è il risultato del lavoro di un gruppo di “dirigenti”, donne e uomini che sanno vivere il proprio ruolo in modo autonomo e responsabile, collaboratori capaci di condividere e raccogliersi attorno ad un progetto ideale e ambizioso, farlo proprio, arricchirlo e realizzarlo.
Ed è questa capacità di creare e far agire un gruppo, una squadra vincente, forte proprio perché tale, saldata dall’onestà, dalla stima, dal rispetto, dalla solidarietà, che caratterizza i veri leader. Leader che sanno “insegnare a vivere”.

Questo articolo é stato pubblicato sulla rivista Wonderful Time, nel dicembre 2002.