
La bambina se ne stava lì, ferma.
Ferma esattamente al centro del cerchio di luce che un lampione superstite proiettava sul marciapiede sporco.
Aveva un cappottino rosso troppo leggero per la stagione, un berrettino grigio come la sciarpa, ma di un grigio diverso. Forse aveva anche i guanti grigi, ma teneva le mani in tasca e non si vedevano.
Se ne stava ferma ma non immobile.
Nessun movimento era percepibile, solo una vibrazione, una tensione dell’ aria intorno a lei la svelavano attenta, presente.
Era come se vedesse senza indirizzare lo sguardo, se sentisse senza tendere le orecchie, se raccogliesse odori dal buio del quartiere senza che il suo respiro ne fosse coinvolto.
Era come se ogni cellula del suo corpo fosse aperta all’esterno a raccogliere indizi, sensazioni, informazioni. Forse per rispondere a una qualche domanda importante. Forse a spiegarsi perché fosse lì, al centro della luce.
Passavano minuti peraltro immobili, passavano e smisero di passare.
Era un cagnolino chiaro, forse un cucciolo, bruttino sì ma inspiegabilmente troppo elegante per quel quartiere. Si era appoggiato al bordo della luce.
La bambina non cambiò di un niente ma era evidente che se ne era accorta e che lo aveva accolto.
Passavano minuti peraltro immobili, passavano e smisero di passare.
Il cagnolino entrò nella luce, si mise davanti alla bambina esattamente a metà tra lei e il bordo della luce dietro di sé come se un segno sul palcoscenico gli avesse proposto la posizione ideale. Accucciato sulle zampe posteriori la guardava con aria imperativa.
Passavano minuti peraltro immobili, passavano e smisero di passare.
Lentamente, così lentamente da non sembrare, la bambina abbassò la testa a cercare lo sguardo del cagnolino.
Il cagnolino sbatté la coda, tre volte, quattro, soddisfatto. I minuti ricominciavano a passare, la bambina tornò a portare gli occhi oltre il limite del buio.
Il cagnolino si raddrizzò a stirare le zampe anteriori, lanciò uno sguardo alla bambina, un ultimo sguardo, poi finì la sua traversata della luce nascondendosi dietro la quinta del buio.
Passavano minuti peraltro immobili, passavano e smisero di passare.
La bambina sembrò prendere vita (ma non era immobile, prima), vibrò come una risposta a lungo attesa, tolse le mani dalle tasche (non aveva guanti) e si mosse a uscire dalla luce dalla parte opposta del cagnolino. Decisa ma non frettolosa per incontrare altre risposte.
L’Autore dimostra una grande abilità nel fissare eventi fatti di un momento, che poi l’immaginazione di chi legge può variamente configurare. In questo caso la bimba e il cagnolino sembrano contrassegnare una conclusione, molto cinematografica a suo modo (il cappottino rosso conduce inevitabilmente a una celeberrima scena di un film).
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